Questo documento è stato realizzato nel Marzo del 2014 e riteniamo utile riprenderlo e pubblicarlo sul nostro sito in quanto è molto divulgativo e contiene alcune informazioni interessanti da un punto di vista scientifico.
Wendy Chung è il direttore della ricerca clinica presso l’Autism Research Initiative Simons Foundation, che si occupa di scienze di base e applicata al servizio delle persone affette da disturbi dello spettro autistico. Alla Fondazione Simons, Wendy Chung sta ricercando cosa caratterizza il comportamento, la struttura e le funzioni del cervello nelle persone con varianti genetiche che possono originare l’autismo.
Chung dirige anche il programma genetica clinica presso la Columbia University.
Per vederlo potete andare sul sito da dove è tratto o seguirlo direttamente cliccando il “play” del video sotto riportato (è in inglese ma sottotitolato in italiano).
Al minuto 11.55 è molto interessante l’esperimento nel quale, attraverso il metodo di tracking oculare, si osserva come il bambino che poi si manifesterà l’autismo non ha il “contatto visivo” con la mamma.
Il video è sottotitolato, ma per chi preferisce abbiamo riportato a seguire l’intero testo dell’intervento (tradotto) della dottoressa Chung.
NB: i numeri che vedete all’inizio di ogni paragrafo indicano il minutaggio del video.
0:11 “Perché?” “Perché?” è una domanda che i genitori mi fanno sempre. “Perché mio figlio è autistico?” In quanto pediatra, genetista, ricercatrice cerco di rispondere a questa domanda.
0:27 Ma l’autismo non è una malattia unica. È in realtà uno spettro di disturbi, uno spettro che va, per esempio, da Justin, un ragazzino di 13 anni che non ha capacità verbali, che non parla, che comunica usando un iPad toccando delle immagini per comunicare i suoi pensieri e preoccupazioni, un ragazzino che, quando si arrabbia, inizia a dondolare e quando è molto arrabbiato, sbatte la testa fino al punto in cui sono necessari dei punti per ricucirgliela. La stessa diagnosi di autismo, tuttavia, vale anche per Gabriel, un altro ragazzino di 13 anni che ha dei problemi diversi. Lui è molto dotato per la matematica. Può moltiplicare tre numeri per altri tre a mente con facilità, ma quando deve fare conversazione ha grandi difficoltà. Non mantiene contatto visivo. Ha difficoltà a iniziare una conversazione, si sente a disagio e quando si innervosisce si chiude completamente in sé stesso. Ma entrambi questi ragazzi hanno la stessa diagnosi di disturbo dello spettro autistico.
1:34 Una delle cose che ci domandiamo è se ci sia realmente un’epidemia di autismo. Attualmente, ad un bambino su 88 viene diagnosticato l’autismo, e la domanda è: perché questo grafico è così? Il numero dei casi di autismo è salito marcatamente nel corso del tempo? O è perché abbiamo iniziato ad etichettare individui con autismo, semplicemente dando loro una diagnosi quando era già presente in loro ma senza avere quell’etichetta? E in effetti, a fine anni ’80, inizio anni ’90, fu approvata una normativa che offriva effettivamente alle persone con autismo risorse, accesso a materiali didattici che le avrebbero aiutate. Con questa maggiore consapevolezza, più genitori, più pediatri, più educatori hanno imparato a riconoscere i tratti tipici dell’autismo. Di conseguenza, più persone vennero diagnosticate e ottennero l’accesso alle risorse necessarie. In più, la definizione è cambiata nel corso del tempo, abbiamo ampliato la definizione di autismo, e questo spiega in parte l’aumento di casi che vediamo.
2:46 La domanda successiva che tutti si pongono è qual è la causa dell’autismo? Una convinzione comune è che i vaccini causino l’autismo. Ma voglio essere molto chiara: i vaccini non causano l’autismo. Infatti, la ricerca originale che suggeriva questo era completamente falsa. È stata infatti ritrattata dalla rivista Lancet, in cui era stata pubblicata, e l’autore, un medico, è stato radiato dall’albo. L’Institute of Medicine, I Centri di Controllo Malattie,
3:34 hanno fatto ripetute indagini e non vi è nessuna prova attendibile che i vaccini causino l’autismo. Inoltre, uno degli ingredienti dei vaccini, chiamato thimerosal, era considerato la causa dell’autismo. È stato rimosso dai vaccini nel 1992, e come potete vedere non ha avuto alcuna influenza sull’aumento dei casi di autismo. Di nuovo, non c’è nessuna prova che questa sia la risposta. La domanda resta, qual è la causa dell’autismo? Probabilmente non c’è una risposta unica. Così come l’autismo è uno spettro,
4:15 esiste uno spettro di eziologie, uno spettro di cause. Sulla base dei dati epidemiologici sappiamo che una delle cause, o una delle concause, dovrei dire, è l’età paterna avanzata, cioè l’età avanzata del padre al momento del concepimento. Inoltre, un altro momento critico e vulnerabile in termini di sviluppo è durante la gravidanza. In quel periodo, mentre il cervello fetale si sta sviluppando, sappiamo che l’esposizione a certi agenti può far aumentare il rischio di autismo. In particolare c’è un farmaco, l’acido valproico, assunto a volte da madri che soffrono di epilessia, che sappiamo aumenta il rischio di autismo. Possono inoltre esserci degli agenti infettivi che possono causare l’autismo.
5:00 Una delle cose di cui parlerò estensivamente sono i geni che possono causare l’autismo. Mi concentro su questo non perché i geni siano l’unica causa dell’autismo, ma perché sono una causa che possiamo facilmente definire ed essere meglio capaci di capirne la biologia e capire meglio come funziona il cervello in modo da elaborare strategie per essere in grado di intervenire. Uno dei fattori genetici che tuttavia non capiamo è la differenza riscontrabile tra maschi e femmine. I maschi sono affetti da autismo con una proporzione di 4 a 1 rispetto alle femmine, e non riusciamo a capire perché.
5:40 Una delle cose che ci fa capire che la genetica ha il suo peso è osservare una cosa chiamata “tasso di concordanza”. Cioè, se un bambino ha l’autismo, qual è la probabilità che un fratello di quella stessa famiglia ne sia affetto? Possiamo osservare in particolare tre tipi di fratelli: i gemelli identici, che hanno in comune il 100 per cento delle informazioni genetiche e che hanno condiviso lo stesso ambiente intrauterino; i gemelli dizigoti, che hanno in comune il 50 per cento delle informazioni genetiche; e i normali fratelli, fratello-sorella, sorella-sorella, i quali pure condividono il 50 per cento delle informazioni genetiche, ma non lo stesso ambiente intrauterino. Osservando questi tassi di concordanza una delle cose lampanti è che nei gemelli identici il tasso di concordanza è del 77 per cento. Sorprendentemente, però, non è del 100 per cento. I geni non sono responsabili di tutto il rischio di autismo, ma ne sono responsabili in larga parte, perché se osserviamo i gemelli dizigoti il tasso di concordanza è solo del 31 per cento. D’altra parte, c’è una differenza tra i gemelli dizigoti e i normali fratelli che suggerisce che ci sia un’esposizione comune per i fratelli dizigoti non così ricorrente nei normali fratelli.
7:00 Questa è parte della prova che l’autismo è genetico. Ma quanto genetico? Se lo confrontiamo con altre condizioni che conosciamo meglio, come il cancro, le malattie cardiache, il diabete, constatiamo che i geni giocano un ruolo più grande nell’autismo che in una qualunque di quelle altre malattie. Ma questo non ci dice quali sono i geni. Non ci dice nemmeno, in ogni bambino, se è un gene solo o potenzialmente una combinazione di geni? In effetti, in alcune persone con autismo, è genetico! Cioè è un singolo, gene potente, determinante a causare l’autismo. Tuttavia, in altre persone, è genetico, cioè è una combinazione di geni e in parte il processo di sviluppo a determinare il rischio di autismo. Non sappiamo necessariamente in ognuno quale tra queste due sia la risposta, finché non cominciamo a scavare.
8:01 La domanda allora diventa: come possiamo identificare di quali geni si tratta? Lasciatemi dire una cosa non proprio intuitiva. Alcune persone posso essere autistiche per ragioni genetiche ma non perché ci siano precedenti di autismo in famiglia. Questo perché in alcune persone si possono verificare mutazioni o variazioni genetiche non ereditate dalla madre o dal padre, ma del tutto nuove; mutazioni presenti nell’uovo o nello spermatozoo al momento del concepimento, ma non ereditate generazione dopo generazione nella stessa famiglia. Possiamo concretamente usare quella strategia per comprendere e identificare quali geni causano l’autismo in quelle persone. In pratica, alla Simons Foundation abbiamo preso 2600 persone senza precedenti di autismo in famiglia, abbiamo preso i figli, le madri e i padri e li abbiamo usati per cercare di capire quali sono i geni che causano l’autismo, nei loro casi. Per farlo, abbiamo dovuto guardare tutte le informazioni genetiche e determinare che differenze c’erano tra madri, padri e figli. In questo, e mi scuso ma utilizzerò un’analogia obsoleta con un’enciclopedia anziché Wikipedia, ma lo farò per cercare di far capire che mentre compilavamo quest’inventario avevamo bisogno di guardare una quantità enorme di informazioni. Le nostre informazioni genetiche sono organizzate in una serie da 46 volumi, e tutti quei volumi li abbiamo dovuti contare uno ad uno, perché in alcuni casi di autismo manca un volume soltanto. Però dovevamo essere più dettagliati di così, allora abbiamo cominciato ad aprire i volumi, e in alcuni casi le mutazioni genetiche erano più impercettibili. A volte mancava un singolo paragrafo, o ancora più impercettibile una singola lettera, una lettera su tre miliardi mutata, alterata, eppure con effetti profondi su come funziona il cervello e come influenza il comportamento. Con questa indagine in quelle famiglie abbiamo potuto determinare, per circa il 25 per cento delle persone, che era un singolo, potente fattore genetico a causare l’autismo. D’altro canto, c’è un 75 per cento di persone per le quali non abbiamo ancora capito.
10:33 Mentre procedevamo, però, eravamo davvero impressionati, perché ci rendevamo conto che non c’era semplicemente un gene dell’autismo. Infatti le stime attuali dicono che ci sono tra i 200 e i 400 geni diversi che possono causare l’autismo. Ciò spiega in parte perché vediamo uno spettro così ampio in termini di effetti. Nonostante ci siano così tanti geni, c’è una logica nel loro intrico. Non si tratta semplicemente di 200, 400 geni a caso, in realtà sono combinati. Si combinano in un percorso. Si combinano in una rete che ora comincia ad avere senso, in termini di come funziona il cervello. Cominciamo ad avere un approccio dal basso in cui identifichiamo quei geni, quelle proteine, quelle molecole, capiamo come interagiscono per far funzionare i neuroni, capiamo come interagiscono i neuroni per far funzionare i circuiti e capiamo come funzionano i circuiti per controllare il comportamento, e lo capiamo sia nelle persone con autismo sia nelle persone con una cognizione normale. Per noi la diagnosi precoce è fondamentale. Poter diagnosticare la suscettibilità di qualcuno in una finestra di tempo in cui abbiamo modo di trasformare, di avere un impatto sul cervello in via di sviluppo è fondamentale. Persone come Ami Klin hanno sviluppato metodi per prendere i bambini appena nati e riuscire a usare dei biomarcatori, in questo caso contatto e tracking oculare, per identificare i bambini a rischio. Questo bambino, potete vedere, ha un ottimo contatto visivo con questa donna che gli canta “Itsy, bistsy spider”, e infatti non svilupperà autismo. Sappiamo che questo bambino non avrà problemi. Questo bambino, invece, svilupperà autismo. Questo bimbo in particolare, vedete, non stabilisce molto contatto visivo. Anziché puntare lo sguardo e stabilire un contatto sociale, guarda la bocca, il naso, guarda da un’altra parte, ma non stabilisce contatto sociale; poter fare questi test su vasta scala, testare i bambini per l’autismo in modo affidabile e solido, potrà esserci molto di aiuto per intervenire precocemente, quando possiamo avere gli effetti maggiori.
12:55 Ma come possiamo intervenire? Probabilmente sarà una combinazione di fattori. In parte, con alcune persone, proveremo a usare i medicinali. In effetti, identificare i geni dell’autismo è importante per identificare il bersaglio delle medicine, identificare cose su cui potremmo intervenire ed essere certi che sia davvero quel che dobbiamo fare con l’autismo. Ma non sarà questa l’unica risposta. Oltre alle medicine, useremo strategie educative. Le persone con autismo, alcune sono programmate diversamente. Imparano in un modo diverso. Assorbono l’ambiente circostante in modo diverso. Dobbiamo poterle istruire nel modo più utile per loro. Inoltre, ci sono moltissime persone in questa sala con ottime idee su nuove tecnologie che potremmo usare, da strumenti per allenare il cervello per renderlo più efficiente e compensare per le aree in cui si trova in difficoltà, fino a cose come i Google Glass. Ad esempio, potete immaginare Gabriel, con la sua goffaggine sociale: potrebbe indossare i Google Glass con un auricolare e avere un insegnante che lo aiuti, lo aiuti a pensare alle conversazioni, a come iniziarle, e forse un giorno invitare una ragazza a uscire.
14:09 Tutte queste nuove tecnologie offrono opportunità incredibili per aiutarci ad avere un impatto sulle persone con autismo, ma abbiamo molta strada da fare. Sappiamo già molto, ma c’è molto di più che non sappiamo, perciò vi invito tutti ad aiutarci a pensare a come migliorare, ad usare come comunità la nostra conoscenza collettiva per fare la differenza; in particolare, alle persone in famiglie con autismo, vi invito a entrare nell’interactive autism network per essere parte della soluzione, perché ci vorranno davvero molti di noi per pensare a cosa è importante, cosa farà una differenza significativa. Mentre pensiamo a qualcosa che può essere una soluzione, quanto può funzionare? È qualcosa che può davvero fare una differenza nelle nostre vite, come persone, come famiglie con autismo? Ci serviranno persone di tutte le età, giovani e anziani, con tutte le varie forme e misure dei disturbi dello spettro autistico per assicurarci di avere un impatto. Vi invito tutti a unirvi alla missione e ad aiutarci a rendere migliori e più ricche le vite delle persone con autismo. Grazie.
Traduzione a cura di: Elena Gallina e Anna Cristiana Minoli