Comunicato del 5 marzo 2014 inerente la notizia rimbalzata su tutti i media di un ragazzo nello spettro autistico laureatosi comunicando con la “comunicazione facilitata”.
In merito all’articolo apparso in data odierna a pag.21 di La Repubblica, a firma di JennerMeletti
L’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici ha emesso un comunicato che è stato citato in estrema sintesi nell’articolo in oggetto.
Abbiamo appreso che il dr.Morello da anni lavora tre giorni la settimana in una scuola dell’infanzia, avendo rifiutato il Ceod, che viene definito una gabbia dorata. Questa stessa scelta è stata compiuta dalla nostra associazione ovunque possibile: denunciamo che in Italia, appena finita la scuola, nella quale l’inclusione è totale, in classi normali, viene quasi sempre proposto un centro diurno per gravi, dove si concentrano 10-20 persone con disabilità mentale insieme ai loro educatori. Ci sono già diverse esperienze in molte Regioni che mirano all’inclusione in ambienti di lavoro normali, come già negli anni ’70 Enrico Montobbio aveva realizzato a Genova anche per autistici. Il più recente progetto di una simile inclusione, denominato SWANS, è stato realizzato in Umbria e in altri Paesi con la sovvenzione della UE.
Egualmente felici che il dr.Morello sia andato con i suoi compagni di Università a prendere il sole a Prato della Valle.
Tuttavia queste attività non hanno molto a che fare con la Comunicazione Facilitata, tanto è vero che tutte le altre esperienze di inclusione lavorativa a noi note non usano questo tipo di intervento, che a giudizio della comunità scientifica internazionale non sono consigliate nel caso dell’autismo. Da molte ricerche compiute in molti Paesi del mondo, la quasi totalità degli autistici che seguono questo metodo non scrivono i loro pensieri, ma quelli del loro facilitatore. Vi sono stati molti casi di libri scritti con linguaggio forbito che hanno fatto sensazione, come ad esempio “La ragazza porcospino”, che poi si è dimostrata del tutto dipendente dalla mamma facilitatrice. In Italia il caso descritto nel libro: ”Pulce non c’è”, diventato un premiatissimo film che esce proprio il 6 marzo a Roma come prima visone nel cinema Sacher, è la storia di una grande illusione collettiva dei genitori, degli insegnanti ed anche dei compagni di scuola di “Pulce”, una bambina di 9 anni con autismo che sembrava seguire il programma normale ministeriale della scuola elementare, che attraverso la Comunicazione Facilitata ha denunciato il padre per abuso sessuale. Ci sono voluti 9 mesi per fare emergere la verità, la falsità della denuncia, che rispondeva al pensiero e all’esperienza della facilitatrice, e il reale quoziente d’intelligenza della bambina, tutt’altro che paragonabile a quello dei suoi compagni di classe. Il Progetto Educativo Individuale è stato profondamente rivisto ed adattato alle capacità reali della bambina, perché l’illusione di credere che potesse seguire il programma ministeriale rendeva di fatto impossibile migliorare le sue capacità cognitive e il livello di autonomia.
Negli altri Paesi, come ad esempio la Gran Bretagna, l’alta Corte per la famiglia da molti anni ha emanato una disposizione per la quale non si deve dare credito alle denunce fatte mediante la Comunicazione Facilitata, poiché ci sono stati molti casi di denunce, tutte dimostratesi infondate.
Le risorse della famiglia, della scuola e della sanità devono essere indirizzate verso quegli interventi, indicati alla fine del 2011 nella Linea guida n.21 dell’Istituto Superiore di Sanità, che hanno dimostrato di essere efficaci per migliorare il grado di autonomia dei soggetti con autismo, anche mediante l’utilizzo di figure, di tablet, di altri mezzi che la comunicazione aumentativa e alternativa mettono oggi a disposizione. La comunicazione, che rappresenta il difetto più grave dell’autismo, viene curata con interventi aventi efficacia scientificamente dimostrata, e non con la Comunicazione Facilitata, che è stata inventata per gli spastici con un cervello in grado di comprendere ma impediti nell’espressione della parola, ma non viene raccomandata per gli autistici che non comprendono il significato delle parole e l’uso comunicativo e sociale delle stesse.
Prof.Liana Baroni Fortini
Presidente di ANGSA onlus